Abbiamo già detto che per la faccenda dell'ebraizzante ci sarebbe qualche indizio dell'essersi il Campanella difeso adducendo che si trattava di un teste unico; ma doverono esservi ancora altri argomenti che non conosciamo. Quanto al Sonetto, egli giunse a dimostrare che apparteneva all'Aretino; quanto all'eresia che si pretendeva aver manifestata in Calabria, lo stesso denunziante si ritrattò, confessando avere inventato il fatto per salvarsi da' pericoli che correva; quanto al libro di Geomanzia, affermò che gli fu preso mentre intendeva portarlo all'Inquisitore per la licenza; quanto alle proposizioni censurabili emesse nell'opera De sensu rerum, ecco in quali termini il Campanella ce ne lasciò il ricordo nell'opera rifatta, e poi anche nella Difesa di essa allegata all'edizione di Parigi. Nell'opera (ms. napoletano) al lib. 2.° cap. 32 scrisse: "L'argomento che mi fece l'Inquisitione contra, et poi restò da me sodisfatto fu questo. Che sequirebbe, che pure i Vermi, et le bestie di questa beata mente fossero informati, et capaci di beatitudine humana; io risposi che non sequita, poichè veggiamo tanti pidocchi et vermi generarsi nella testa dell'huomo, et tanti altri vermi dentro il ventre, et in varii membri et visceri, ne per questo tali bestiole hanno la mente rationale dell'huomo, ma solo il senso breve, et corto dell'altre Belve, cossì dentro al mondo senza quell'anima beata ma non (int. con) sensi partiali, et questa risposta per contrario e certo essempio provata non hanno potuto impugnare gli contradittori". Nella Difesa poi del libro, allegata all'edizione fattane in Parigi nel 1637 (pag.
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