Abitava fuori porta Regale, quasi dirimpetto alla Chiesa di S. M. della Salute divenuta poi S. Domenico Soriano e là teneva pure la Stamperia, un poco più in su della Chiesa presente di S. Michele che allora era tutt'altra cosa, sull'area dell'attuale piazza Dante a quel tempo più angusta e addetta in gran parte a cavallerizza. Non ci costa che sia mai stato lettore pubblico, avendo avuto la lettura di matematica Francesco Chiaramonte fin dall'anno in cui quella lettura fu istituita, cioè dal 1607, e sappiamo che egli tenne l'ufficio d'ingegnere della città, non della Corte, poichè solo temporaneamente collaborò con suo padre Federico e suo fratello Modestino alla descrizione geografica del Regno e al perfezionamento di quella mappa che fu poi intagliata dal Cartari; egli si occupò invece dell'acqua stagnante, del porto e delle mura della città, sebbene inutilmente, come narra in una sua lettera al Principe Cesi, riportata dall'Odescalchi nelle Memorie storiche de' Lincei, essendo stato ascritto a quell'insigne Accademia. Di animo indipendente in filosofia, Pitagorico per elezione, al pari di tutti i Pitagorici si sforzava di seguire anche le abitudini del maestro: scrisse, com'è noto, un libro sulla "teriaca" (1577), un libro sul "Telescopio over Ispecillo celeste" (postumo, 1627), e i trattati dell'Enciclopedia Pitagorea, de' quali non ci è rimasto che l'indice (pubb.to ibidem): basterebbe per altro la sola sua lettera al Galilei, in data del 1° giugno 1616, per farlo stimare ed amare(159). Abbiamo già avuta occasione di dire che gli fu fatto un processo dal S.to Officio, rimanendo carcerato in Roma nel 1595 e probabilmente in compagnia del Campanella; morì l'11 aprile 1623(160).
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