Già mentre teneva l'ufficio di Provinciale, per la severità con la quale avea cercato di correggere i costumi orribili di un gran numero de' suoi frati, il P.e Pietro Ponzio era stato minacciato nella vita, e un fra Paolo Jannizzi della Grotteria sacerdote, che vedremo anche tra gl'imputati della congiura e dell'eresia del Campanella, era stato in agguato per ammazzarlo, sicchè ebbe a riportarne condanna di tre anni di galera che scontò, e mentre egli stava ancora alla catena il P.e Pietro fu ammazzato. Poniamo qui che fra Paolo trovavasi carcerato in Napoli durante la prima dimora del Campanella in questa città (1591), ed egli stesso narrò che vide una volta passare per la via il Campanella, e lo chiamò per pregarlo che volesse portare una sua lettera al P.e Rev.mo: tutto ciò pertanto non gli chiuse la via agli ufficii in sèguito, e stiamo per vedere che al tempo della congiura funzionava da priore nel convento di S. Giorgio. Ma, come dicevamo, il P.e Pietro Ponzio fu ammazzato, bensì per un'altra ragione ancora più notevole, perchè la fazione avversa ne temeva il ritorno all'ufficio di Provinciale; e fra Dionisio perseguitò senza posa gli assassini di suo zio, facendo rimontare la colpa dell'assassinio fino al P.e Gio. Battista da Polistina, già Provinciale nel 1591-92 e parte del 93. Era ritenuto uccisore un fra Pietro di Catanzaro, che riuscì a fuggirsene a Costantinopoli tra' turchi: un fra Filippo Mandile da Taverna fece scovrire ogni cosa insieme con un fra Giacinto da Catanzaro, e fra Filippo venne per opera del Polistina condannato a 10 anni di esilio dalla provincia, ridotti poi per grazie successive a soli 2 anni; ma il Polistina medesimo finì per essere catturato coll'opera diretta di fra Dionisio, e rimase prigione 14 mesi in Roma, 15 in Calabria, 9 in Napoli.
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