30), onde sembrò che il Vescovo di Mileto partecipasse a' concerti e che "il clero volesse ribellare"(188).
Non molto dissimile era la condotta degli altri Vescovi della Calabria: ne daremo alcuni cenni riferibili al periodo di cui trattiamo ed anche a qualche anno successivo, ciò che servirà pure a mostrare che essi continuarono sempre nella loro via, perfino quando, scoverta la congiura, gli ufficiali Regii spiegarono una influenza esorbitante. Il Nunzio medesimo scriveva a Roma che alcuni Vescovi componevano con danaro ogni delitto de' clerici, sia facendo pagare una somma alla Curia, sia facendo dare una pingue elemosina a qualche luogo pio, onde presso gli ufficiali Regii s'incontravano difficoltà ad ottenere la consegna de' clerici prigioni(189). Ma specialmente i clerici selvaggi in tutta la Calabria davano troppi motivi di scandali, mentre erano ovunque aumentati al punto che il Vescovo di Mileto potè dire di averne nella sua Diocesi molto meno degli altri, nè poi venivano sempre scelti tra le persone per bene: così l'Arcivescovo di S.ta Severina ne aveva creati in numero infinito, ed aveva anche introdotta un'altra classe col nome di "familiari", che non vivevano a sue spese e che tuttavia esigeva fossero esenti dalle tasse e dalla giurisdizione baronale e Regia, minacciando non solo la scomunica ma anche il carcere a chi gli presentasse le hortatorie; d'altra parte il Vescovo di Cariati li sceglieva perfino tra gl'inquisiti e i contumaci della Gran Corte della Vicaria, e s'intende che i reclami e i conflitti dovevano essere senza fine(190). Non bastando i clerici selvaggi e i familiari, altri Vescovi inventarono anche i "commissarii delle feste", laici deputati a far osservare la santificazione delle feste, pe' quali non solo esigevano le solite franchigie dalle tasse, dagli alloggi e dal foro laico, ma anche il dritto di portare armi proibite, concedendone essi la licenza: il Vescovo di Squillace ne avea creati 37, e in maggior numero ancora ne avea creati l'Arcivescovo di Reggio, il quale volle egualmente estese le franchigie a molte donne che in S.ta Agata indossavano abiti frateschi, come pure alle beghine o "bizoche" di Reggio, ed una volta, avendo i gabelloti trasmesso a queste beghine col consenso esplicito del Governo l'ordine di pagare le gabelle, fece venire da Roma ed affiggere alle porte delle Chiese ed a' luoghi pubblici della città un monitorio con le solite minacce, che citava que' gabelloti a comparire fra un dato termine in Roma, innanzi all'Auditorato della Camera Apostolica(191). Non poche altre pretensioni ed ingerenze indebite essi spiegavano con modi sempre nuovi in singoli casi.
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