Il Carteggio del Residente Veneto ne dą parecchie notizie, poichč la Serenissima, in pace co' turchi, non vedeva punto bene questi corsari di tutti gli altri Stati Cristiani, che turbavano profondamente il commercio, davano motivo ad abusi e recriminazioni senza fine, aizzavano i turchi alle rappresaglie se mai ve ne fosse stato bisogno; d'altronde in ultima analisi ne pagavano poi la pena le infelici popolazioni, abbandonate senza tutela, non essendovi forze sufficienti a guardarle da' corsari turchi, che erano moltissimi ed audacissimi(221). Forse dietro i richiami del Governo Veneto, il Re di tempo in tempo mandava ordini di proibizione dei legni corsari, e ce ne rimane tuttora qualcuno, press'a poco di questi tempi, nell'Archivio di Stato: ma gli ordini non venivano eseguiti, riuscendo tanto comodo il poter dare una prova di zelo contro i nemici del nome Cristiano e fare un'eccellente speculazione industriale(222). Come risulta dalle Relazioni degli Ambasciatori Veneti, il padre del Bassą Cicala era appunto un genovese stabilitosi in Messina, che "andava come corsaro depredando ogni luogo con una galeotta, con la quale fu fatto prigione finalmente da' turchi col figliuolo, che per esser giovinetto fu accettato in serraglio e con violenza fatto turco"; e questo accadde nella terribile ripresa dell'isola di Gerbi presso Tunisi, il 1560(223). Nessuna delle Relazioni Venete ne fornisce il nome; ma documenti da noi rinvenuti nell'Archivio di Stato, riferibili a un altro figliuolo suo del quale parleremo or ora, ci fanno conoscere che dovea chiamarsi Visconte Cicala.
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