Sappiamo che era allora Marchese d'Arena D. Scipione Concublet de Bavaria (corrottamente "De Bavero"), successo a D. Gio. Francesco suo padre e a D. Carlo suo fratello primogenito, morti l'uno in gennaio l'altro in settembre dello stesso anno 1582(266): egli viveva allora con la sua famiglia nel Castello d'Arena, ma nella 2.a metà di giugno, trovandosi in giro per que' paesi, era venuto a Monasterace, non lungi da Stilo, e quivi era ospite di D.a Dianora Toraldo Signora della terra, come la chiamò uno degli inquisiti che depose tale fatto nel processo. Dagli scrittori in materia di nobiltà, e meglio anche da' Cedolarii, conosciamo che Signore di Monasterace in quel tempo era Giuseppe Galeota, figlio di Mario e di Eleonora Toraldo: costei, figliuola di D. Gasparre Toraldo 5.° Signore di Badolato e sposa a Mario Galeota, era rimasta vedova fin dal 1590; non a torto quindi veniva considerata Signora di quella terra(267). Di là il Marchese fece chiamare il Campanella volendo parlare con lui; e il Campanella si recò in Monasterace, e vi si trattenne sei giorni. Quali argomenti trattasse il Campanella col Marchese non ci è noto, ma non è arrischiato l'ammettere che le vicine mutazioni da tutti aspettate fossero l'oggetto precipuo dei colloquii, bene inteso rimanendo nascosti i progetti del Campanella; poichè, quantunque il Marchese fosse poi stato nominato qual complice, sappiamo invece che egli doveva essere una delle vittime del movimento; ma interruppe i colloquii fra Dionisio, venuto con la sua comitiva a Monasterace in cerca del Campanella, che con quel sèguito fece ritorno a Stilo.
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