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      Al momento cui siamo giunti, egli si recava a Davoli, alla residenza abituale di Maurizio; non sappiamo cosa vi andasse a fare, ma si può ben ritenere che andasse a consegnare a Maurizio qualche lettera del Campanella.
      III. Oramai il lavoro ferveva da tutti i lati, e non giunse ad interromperlo nemmeno un avvenimento verificatosi in que' giorni appunto, avvenimento che contribuì in modo gravissimo alla rovina de' frati e di tutta l'impresa. Per commissione del P.e Generale una Visita si dovea fare ne' conventi delle Calabrie, essendo stato mandato qual Visitatore il P.e Marco da Marcianise, di cui abbiamo già avuta occasione di dire qualche cosa nel parlare de' tumulti di S. Domenico di Napoli. Fu questo il motivo per lo quale fra Dionisio ebbe fretta di portarsi a Nicastro e quindi a Taverna, volendo mettersi in regola e poi continuare la sua propaganda. Egli si sentiva minacciato di una sostituzione nel lettorato di Taverna e forse anche di qualche maggiore gastigo, per la protratta noncuranza dell'assegnazione avuta dal Capitolo. Ciò risulta da una sua lettera in data del 21 luglio da Nicastro, diretta a fra Vincenzo Rodino di S. Giorgio, nella quale, mentre gli annunzia la liberazione del Pisano per opera sua e del Campanella, credendola in realtà avvenuta, dice ancora, "molte altre cose passano che non le può sopportar penna"; partecipa inoltre l'arrivo del Visitatore nella Provincia, e mostra di credere che tale visita sia una conseguenza de' suoi memoriali al Papa contro l'ex-Provinciale fra Giuseppe Dattilo, denominato nel gergo fratesco il Cepolla; infine soggiunge che si sarebbe portato l'indomani a Taverna lettore, "per non dar sodisfatione ad alcuni che han cercato andarci". Evidentemente a quella data fra Dionisio non conosceva ancora chi fosse il Visitatore, in caso opposto non avrebbe mai potuto crederlo favorevole alla fazione sua.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Primo
di Luigi Amabile
pagine 725

   





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