Dopo quattro o cinque giorni o poco più di permanenza in Pizzoni, il Campanella si ridusse a Stilo, e poi passò anche qualche giorno in seno alla famiglia in Stignano. Intanto, come risulta da ciò che scrisse nella sua Dichiarazione, Maurizio venne a Stilo, e non avendolo trovato, perchè egli era già andato a Stignano, gli lasciò una lettera con la quale lo pregava di venire a trovarlo a Davoli per cose d'importanza: dopo qualche esitazione egli vi andò, accompagnato dal Petrolo e da Fabrizio Campanella, e trovato presso il Pittella Maurizio, costui gli fece conoscere ciò che avea trattato col Turco e gli mostrò anche una scrittura turchesca, la quale il Campanella non seppe leggere. Fermandoci dapprima su questa scrittura turchesca, dobbiamo dire che essa era senza dubbio un salvacondotto, come risultò dalla confessione medesima di Maurizio. Dobbiamo aggiungere che parecchi tra' più vicini a Maurizio la qualificarono egualmente: così il suo servitore Tommaso Tirotta dichiarò, che quando Maurizio mostrò al Campanella in presenza d'altri "lo scritto che ebbe da' turchi", lo disse un salvacondotto, e che un Pietro Jacovo Garzia diceva, "ora potremo andare sicuri che abbiamo il salvocondotto". Ma questo si ebbe dopo che si era "trattato et concluso con Morat Rays" della ribellione, come risultò dalle parole di Maurizio, e meglio ancora dalle parole del Campanella nella Dichiarazione, dove egli appunto espose ciò che Maurizio "havea capitulato con li turchi", riferendolo per dichiarare che se n'era mostrato dispiaciuto ed allarmato.
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