Fin da principio la deposizione del Pizzoni fu fatta servire di norma agli altri, leggendola loro in privato, e si annunziò falsamente che il Pizzoni era stato scarcerato dopo di aver deposto in quella guisa, e si progredì nelle minacce e maltrattamenti, nello scrivere in un modo e leggere in un altro, non facendo mai processi verbali delle sedute cominciate e non proseguite, come talora accadde anche ripetutamente per un solo interrogato, tacendo sempre i molteplici incidenti sorti per le resistenze degli esaminati ad attestare quelle cose che personalmente ad essi non costavano. Ma intorno a ciò occorrerà tenere un conto speciale de' fatti in ciascun caso.
Dopo il Pizzoni, nel giorno seguente, fu esaminato il Soldaniero(359). A tale scopo il Visitatore, "essendogli stato rivelato potersi da un certo Giulio Soldaniero dimorante nel convento di Soriano avere una fida testimonianza in questa faccenda", commise a fra Cornelio di recarsi a Soriano per riceverla; e fra Cornelio vi si recò immediatamente, e dispose che il Priore e il Lettore del convento fossero presenti all'esame quali testimoni. Il Soldaniero disse aver lui mandato a Monteleone, non potendovi andare personalmente, ad avvertire che volea comunicare qualche cosa; essersi in luglio presentato a lui fra Dionisio da parte del Campanella che stava in Arena ed egli non conosceva, per dirgli "hora sete homo" (sempre la medesima storia con le medesime parole); che facendo quanto diceva il Campanella sarebbe stato poco a divenire lui Principe e fra Dionisio Cardinale; che il Campanella aveva inviato lettere al Gran Turco con le galere di Amurat, volendogli "dare questo Regno in mano", perchè gli mandasse aiuto per mare mentre egli avrebbe fatta la ribellione; che voleva adoperare due mezzi, cioè la lingua e le armi.
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