Ma non occorre fermarci troppo su questo esame, in cui si vede chiaro lo stampo degli altri esami precedenti. Solo accade di notarvi che nella faccenda della ribellione, parlando de' congiurati non claustrali, il Lauriana tacque i nomi del Crispo, del Morabito, del Caccìa, del Contestabile, di quanti altri avea dovuto vedere in Pizzoni nel tempo al quale il suo esame si riferiva, essendosi limitato a nominare appena il fratello del Campanella e Maurizio de Rinaldis: ma si può ritenere che que' nomi non furono da lui pronunziati perchè non gli vennero suggeriti, riuscendo difficile potergliaccordare un certo grado di accorgimento, quando non mostrò neanche quello di tacere la presenza di fra Dionisio nel convento allorchè si era proceduto alla cattura sua e del Pizzoni. Tutto ciò che depose dovè essergli suggerito, poichè realmente egli era così dappoco, da non potersi ammettere che gli fossero stati fatti tanti discorsi e tante confidenze; conoscendo egli medesimo il suo valore, si era facilmente adattato a' più umili servigi presso il Pizzoni e a "fare la cucina", sicchè potè forse prestare qualche opera materiale ed anche udire qualche cosa alla sfuggita, ma non più di questo. E vedremo ad esuberanza più tardi che in fondo non sapea nulla, e fu prima lusingato e poi intimidito dagl'Inquisitori, non escluso D. Carlo Ruffo, il quale presenziò del pari l'esame di lui; onde accadde che in sèguito si mostrò tentennante e vario nel peggior modo, non ricordando più una parola sola di ciò che gli si era fatto deporre; e tra l'incubo del rimorso e il terrore del poter essere incriminato qual falso testimone, finì per accumularne tante, che lo stesso Pizzoni, il quale avea procurato di servirsene per appoggio nelle cose sue, dovè dichiararlo testimone falso e contribuire a renderlo il ludibrio di tutti i compagni di carcere.
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