Intanto fra Dionisio, perseguitato dal Visitatore, andò a Catanzaro a predicare ribellione secondo la profezia di lui, e per avere molti aderenti disse che nella congiura c'era il Papa, il Card.l S. Giorgio, il Vescovo di Mileto etc. D. Lelio Orsini, i Signori del Tufo e tutti coloro che s'immaginò essere amici di lui e suoi; ma egli giura di non aver mai parlato di tali cose, nè pensato che per mezzo di loro frati si avessero a muovere. Poi fra Dionisio andò a sollecitarlo perchè uscisse in campagna, ma egli non volle e riparò a Stignano; in sèguito Maurizio gli mandò a dire di ritornare perchè l'avrebbe salvato, ma egli pure si rifiutò andandosene a S. Maria di Titi, e Maurizio cercò di raggiungerlo ed egli fuggì, dandosi nelle mani di Mesuraca, il quale promise di salvarlo in mare, lo nutrì per tre giorni e poi lo consegnò alla giustizia. Infine, ricordando che del pari in Roma e in Napoli si prevedevano mutazioni, dice voler rendere conto a S. M.tà di quello che Dio manda al mondo per il bene comune, che egli guarda alla salute comune e per essa vuole morire. Dichiara che a fra Dionisio spetta dire il resto, avendo lui trattato il negozio con fatti, mentre egli, il Campanella, l'ha trattato solo con parole. In sèguito aggiunge varii nomi di fuorusciti co' quali Maurizio diceva voler pigliare Catanzaro, e manifesta che l'altra persona, la quale venne col Franza e col Cordova in Davoli, era il Rania, ricordandolo dietro le parole dello Xarava. - Come ben si vede, in questa Dichiarazione la congiura non è menomamente negata, che anzi è
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