Non conosciamo con particolarità in che modo gli sia stata amministrata la tortura, ma il Campanella, nella sua Difesa, a proposito di lui parlò di "horrenda tormenta non scripta", ciò che riesce pienamente credibile: ad ogni modo, oltre i documenti autentici da lui non negati, ci fu anche la confessione in tortura, laonde la sua sorte potea dirsi decisa. E qui non sarà inutile far notare che un sì pronto ricorso alla tortura, ed anche alla tortura più atroce, era pienamente ammesso trattandosi di delitti di lesa Maestà: ne' delitti comuni bisognava prima esaurire il processo informativo co' mezzi ordinarii, quindi mettere l'imputato "alla larga" (barbaramente dicevasi "reus debet poni ad largam") dandogli una copia degl'indizii raccolti contro di lui, e dopo tutto ciò potevasi venire alla tortura; ma ne' delitti di lesa Maestà era dovunque riconosciuto che la tortura potesse darsi durante il processo informativo, co' più lievi indizii e adoperando tormenti non nuovi ma atroci(399). Da quest'ultimo lato nel processo presente noi troviamo quasi sempre menzionata soltanto la corda, perchè essa era, come dicevasi, la "regina tormentorum" e serviva di base a moltissime altre sevizie; difatti per alcuni imputati, anche di minor conto del Crispo, sappiamo che la durata di amministrazione della corda "non si misurò coll'ampollina", ma si prolungò per più e più ore, e che alla corda si unirono i ceppi a' piedi con la sospensione di grossi pesi, il bastone tra' piedi per mantenere gli arti inferiori allontanati l'uno dall'altro, l'aspersione di acqua fredda sul corpo nell'intermezzo della corda, ed inoltre la flagellazione durante la sospensione alla corda; nè mancò qualche maniera di tormento del tutto eccezionale, come l'essere trascinato alla coda del cavallo per le strade della città, e poi anche in Napoli il così detto polledro, la così detta veglia, come vedremo per ciascun caso.
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