Queste cose scriveva lo Spinelli al Vicerè, e senza dubbio la preoccupazione di un concerto tra l'armata e la costa avea potuto fargli travedere molte cose, ma anche soltanto l'essersi l'armata diretta dapprima alla marina di Stilo riusciva pur sempre assai notevole, benchè non fosse cosa nuova; ed egli non mancò di farne costare legalmente le mosse e i segnali, procurando dichiarazioni e deposizioni, che fin d'allora potè annunziare al Vicerè e che tutto induce a credere essere state quelle di Gio. Antonio Mesuraca, Paris Manfrè, Gio. Vittorio Nico
sia e Vittorio Giacco, inserte poi nel 1.° volume del processo(403). Faceva contemporaneamente sapere che si andava tuttavia prendendo molta gente, e che oltre quelli de' quali avea mandata la lista ne' giorni passati, teneva presi altri 25 individui (sicchè in data del 17 c'erano già 59 carcerati). Infine diceva volersi rimanere in Castelvetere, essendo quel luogo sulla marina ove il più delle volte l'armata solea venire a far acqua, e lontano da Stilo otto miglia, mentre per la costa di Reggio si era provveduto in maniera che, oltre a quanto avea ordinato a D. Diego de Ayala, vi avrebbe atteso anche il Principe di Scilla suo parente, il quale sarebbe stato un soccorso molto buono.
L'armata pertanto, giusta la sua abitudine, il 14 settembre andava a dar fondo alla fossa di S. Giovanni; D. Diego de Ayala ne inviava subito avviso al Vicerè, e il 16 poi gli riferiva l'accaduto(404). Entrò nella fossa con 26 galere Reali, rimorchiando due navi Ragusee che avea prese all'uscita del canale e che andavano in levante con passaporto, e accordò riscatto di quattro mila ducati alla più grande restituendola come l'avea presa.
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