Il 15, nel mattino, si spiccarono da essa due galere di fanale, con disegno di fare una ricognizione della muraglia di Reggio e mandare qualche spia a terra; venendo presso la muraglia, furono dal Castello tirati quattro colpi con un cannone ed un altro pezzo di rinforzo che là si aveva, e i colpi giunsero in molta vicinanza di esse, onde si posero bene al largo e si diressero verso la Madonna di Piedigrotta di Messina, dove, essendo al sicuro dalle galere di Spagna, presero una piccola nave carica di grano che stava in ormeggio, salvandosi a terra tutta la sua ciurma. Con questa preda tornarono all'armata, e subito, a 22 ore, giunsero altre quattro galere di più, essendo al numero di trenta; conchiusero poi anche il riscatto di questa nave, dandola per due mila ducati (così la Spagna proteggeva i suoi sudditi da' quali pure traeva somme incredibili). Ma due prigioni cristiani fuggirono dall'armata e palesarono a D. Diego molte cose. Uno di loro, molto esperto, disse che con l'armata erano venuti il Cicala, suo figlio ed Arnaut Memi, e che portavano cento pezzi co' loro carretti per menarli a terra, e molte scale ed altri arnesi, e che avevano in mente di prender Lipari o un luogo presso Cotrone denominato l'Isola, sebbene non si fosse tenuto consiglio fin dall'uscita da Costantinopoli; che si erano staccate da quell'armata nove galere, giacchè erano 39, con ordine di andare in cerca di quelle di Toscana per prenderle. L'altro prigione disse che l'armata non aspettava più il riscatto di quelle navi per uscire dalla fossa di S. Giovanni: ma non per questo il D'Ayala si teneva sicuro che non vi fosse il disegno di venire a Reggio, e diceva che sebbene fosse tanto scaduto e male andato per malattia, avea in questa occasione ricuperato tanto animo da poter attendere di persona a ciò che occorreva per la difesa di quella terra, in modo che s'imprometteva felice successo.
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