Ma non ci è noto che avesse adottato il consiglio dello Spinelli di far carcerare in Napoli Mario del Tufo e di richiedere a Roma il Marchese di S.to Lucido; abbiamo invece ogni motivo di ritenere che non se ne fosse curato, giacchè per lo meno il Residente Veneto non avrebbe mancato di darne notizia. In sèguito, avendogli lo Spinelli mandato copia della Dichiarazione di fra Tommaso, col parere che si venisse subito a tortura ne' frati in Calabria, siccome altra volta si era fatto in materia di eresia, il Vicerè ne scrisse subito al Duca di Sessa e a D. Alonso Manrrique e partecipò tutto, comprese la copia della Dichiarazione del Campanella e la lettera dello Spinelli, a Madrid(410). Ordinò di procurare da S. S.tà che rimettesse a lui il gastigo de' frati di Calabria, "i quali non solo erano traditori, sibbene anche i maggiori eretici che si fossero mai visti"; e bisogna dire che egli si lusingasse troppo di avere ammaliata la Curia Pontificia con le sue proteste di devozione e di tenerezza, per poterle dirigere una dimanda simile. Inviando poi la Dichiarazione del Campanella a Madrid, mostrava di credere aversi proprio per quella a vedere come, nel modo che teneva, rivelasse con parole equivoche di essere eretico! E aggiungeva che "gli dicevano esser cosa orrenda le eresie le quali gli si provavano in un'Informazione presa coll'intervento del Visitatore del suo ordine", e che "grazie a Dio era stato impedito a tempo". Infine esprimeva il suo parere che il Cicala per questa volta se ne tornerebbe con la gola al posto suo, senza essere signore di Calabria come si pensava, se pure non cercasse d'investire qualche terra marittima, ciò che intendeva poter recare poco danno secondochè Carlo Spinelli gli avea scritto.
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