Battista di Pizzoni, venendo da Monteleone a Gerace, gli avea detto di essere stato carcerato per questa causa; negò di aver parlato di altro col Campanella che di cose comuni, avendogli il Campanella, insieme con fra Gio. Battista, detto solamente che i letterati non erano premiati nè esaltati secondo il dovere; ma attestò che costoro "tutto il giorno parlavano con li banniti in secreto et a longo", e dietro interrogazione aggiunse che per le cose stategli dette e per quelle da lui viste teneva il Campanella "per homo tristo et per malissimo christiano, et il simile... di fra Gio. Battista di Pizzone". Si scusò intorno al libro di negromanzia, affermando non essere di suo carattere e non averlo nemmeno letto. Dietro altra interrogazione disse di aver conosciuto fra Dionisio e di averlo, negli ultimi tempi, visto in Pizzoni solamente per una notte di passaggio, nè avergli parlato per le antiche inimicizie che avea seco; ed aggiunse che era stato inquisito di aver voluto ammazzare fra Ponzio Provinciale, onde avea riportata la condanna di tre anni di galera ed avea scontato questa pena.
In una 2.a seduta, il 16 ottobre, furono esaminati molti altri, e ne' processi verbali trovasi notato che l'interrogatorio fu commesso a fra Cornelio. Comparve dapprima fra Pietro di Stilo(466), del quale gioverà ricordare che in Squillace era stato interrotto l'esame non appena cominciato. Egli continuando quell'esame, dietro interrogazioni, disse avere udito dal Campanella che il Papa e il Re si accordavano a' latrocinii, che l'elezione del Papa non era canonica contando per una sola le molte voci de' pensionati del Re, che il vivere della Corte Romana era biasimevole, che il Papa facea molte cose contro il dovere, i Cardinali erano tiranni e lussuriosi della peggiore specie; inoltre che si burlava del peccato della carne, senza ritenerlo veramente lecito, e soltanto per detto del Petrolo egli sapeva che una volta avea manifestato non esservi nell'ostia consacrata il corpo di Cristo.
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