Il Campanella in più luoghi de' suoi scritti diè chiare prove del suo profondo disgusto verso que' di Stilo in particolare, e le popolazioni in generale, per l'accanita persecuzione che n'ebbe, e il concetto del "popolo", che egli, repubblicano, ebbe a farsi dietro la persecuzione sofferta, merita di essere rilevato: si può vederlo nelle sue Poesie, dove segnatamente egli l'espresse con più calore(490). In altri suoi scritti poi affermò esservi stato un numero grandissimo di carcerati, ben superiore a quello che conosciamo tradotto in Napoli dallo Spinelli, e un numero ragguardevole di "riscatti" e di "composte", nominando perfino gl'individui che vi furono soggetti, oltre le cupidige e le promesse di titoli e di ricompense a' rivelanti e persecutori. Nelle Lettere che scrisse il 1606-07 al Papa, a' Cardinali etc. egli spesso accennò a questi fatti; nella 3a lettera al Papa, da noi pubblicata, scrisse, che "fingendo di salvarla (la Calabria) la spopolaro, la sacchiaro, la compostaro". Nella Narrazione poi naturalmente si espresse con molto maggiore larghezza. "Seguio Spinelli e Xarava a carcerar quasi due mila persone in tutte le terre, dove era stato Campanella e F. Dionisio, et alcuni Baroni... Quelli che non preveniro d'accusare e fur accusati, si sforzaro riscattarsi con denari e chi pagava mille, chi due mila, chi tre mila, chi cento, chi cinquecento docati per non andar carcerati alli Commissarii et à Xarava e Spinelli. Pagaro assai quelli che già eran carcerati e subito eran liberati.
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