Divenne, per donazione del padre, Signore di S. Arpino, comunque glie ne fosse stato contrastato il possesso da' suoi parenti con molte liti transatte più tardi(10). Consigliere fin dal 1593 godè sempre moltissima riputazione, "fu amato, riverito e dopo morte desiderato" come dice il De Lellis. Una circostanza del suo parentado merita qui speciale menzione: la sua cugina D. Anna Sances, figlia di D. Loise Sances fratello del 1.° Marchese di Grottola, avea sposato Gio. Battista Morano Barone di Gagliato e quindi era cognata di Gio. Geronimo Morano: trovavasi poi già intavolato a questo periodo un matrimonio tra l'unica e ricca erede del Barone, D.a Camilla Morano, e un altro D. Giovanni Sances cugino di lei e del Consigliere, figlio di D. Giulio Sances. Potremmo aggiungere ancora che una sua nipote D.a Caterina Sances, nata da D. Alonso 2.° Marchese di Grottola e D.a Beatrice de Marinis, sposò il fratello di Carlo Spinelli D. Gio. Battista, che divenne Marchese di Buonalbergo(11). Abbiamo già notato altrove, che il Campanella ha reso la circostanza del parentado del Sances col Morano assai importante per la nostra narrazione.
Mentre il tribunale pe' laici si costituiva, il Nunzio incontrava difficoltà perfino a far ammettere che gli ecclesiastici fossero tenuti nel Castello come carcerati suoi, la qual cosa pure era stata antecedentemente consentita. Dapprima andò presso di lui lo Xarava, a fine di persuaderlo che essendo costoro imputati di ribellione, non si dovevano rimettere al foro ecclesiastico; di poi vi andò D. Alonso Manrrique a nome del Vicerè per lo stesso oggetto, e quest'ultimo si servì di un mezzo abbastanza adoperato dagli alti ufficiali spagnuoli, quello cioè di mantenersi nelle grazie di Roma e al tempo stesso nelle grazie della Corte di Madrid che si mostrava tanto tenera per Roma, scovrendo e compromettendo gli alti ufficiali napoletani; "questi Ministri, egli diceva, che pretendono che nel caso di ribellione possa procedere il Principe di propria autorità, potrebbero fare qualche male offitio alla Corte di S. M.ia contro S. E.". Ma il Nunzio, che a queste parole riconosceva subito la grande devozione del Manrrique verso Sua B.ne, non poteva cedere, e in una udienza avuta dal Vicerè sostenne assolutamente che gli ecclesiastici dovessero tenersi come carcerati suoi, giusta gli ordini che da un pezzo e ripetutamente aveva avuti da Roma; tuttavia "per facilitare il negotio" diè "speranza" che S. S.ta avrebbe accordato l'intervento di un ufficiale Regio negli esami di essi intorno alla congiura, tanto più che il Vicerè gli fece destramente intendere che voleva intervenirvi di persona, ed egli ne rimase preoccupato.
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