Nel medesimo giorno 23 novembre il Nunzio mandò a Roma la notizia della ricognizione fatta e la lista de' carcerati ecclesiastici, che raggiungevano appunto il numero di 23, con l'osservazione che se n'erano trovati 9 di più ed un solo clerico selvaggio. Nel giorno 26 tornò sull'argomento e ripetè l'istanza che venisse l'ordine circa le persone le quali doveano costituire il tribunale per l'eresia, accertando che in questa materia i Ministri Regii non avevano alcuna pretensione d'intervenire, ma soggiunse: "temo bene che nel capo della congiura e ribellione non sia per bastare à medesimi Ministri l'intervenire, ma che vorranno apparirci principali, et che sotto lor nome si faccino i Processi non ostante che di ragione non convenga, per che ritraggo che dicono altra volta haverlo usato, et che sia solito de Principi in simili casi proceder de facto". Questo gli venne confermato poco dopo dal medesimo Vicerè in una udienza avuta, e mentre egli insisteva sulla necessità "che tutto apparisse fatto coram Judice ecclesiastico", il Vicerè mandò a chiamare il Reggente d'Aponte (che era Gio. Francesco Marchese di Morcone, cugino del Consigliere, figlio di Gio. Antonio e di Costanza Lanaria), e costui disse che "havevano trovato che con altre occasioni era stato dalli Antecessori di S. S.tà commesso ad uno de Ministri Regii che intervenisse come delegato Apostolico in trattar simili cause"; il Vicerè soggiunse che se ne farebbe istanza a Roma. Il Nunzio allora non obiettò altro, ma chiese che i tre ecclesiastici rinchiusi nel Castello dell'ovo si facessero condurre in Castel nuovo, e l'ordine in questo senso fu subito dato; fece in pari tempo notare che i carcerati ecclesiastici si erano trovati in maggior numero, ma un solo veramente era clerico selvaggio, e il Vicerè disse che non pensava che erano tanti!
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