Questa sua soddisfazione rilevasi da una lettera che mandava a Madrid fin dal 13 dicembre, insieme con una copia della relazione di D. Alonso Manrrique, rilevandosi in pari tempo la sua costante premura che il Campanella fosse gastigato e l'annunzio della prossima esecuzione di altri laici già condannati(25) "... S. S.tà si risolvè di fare quanto V. Mtà potrà comandar di vedere da questa copia di lettera di D. Alonso, che non mi pare si sia fatto poco; e così ho nominato D. Pietro De Vera, che è il Decano del Consiglio, tanto per le molte e buone parti che tiene, quanto per essere tonsurato, e credo che l'avrà per molto bene; stimai anche nominare fiscale lo stesso D. Giovanni Sanchez, e Mastrodatti il medesimo; così comincerà subito a procedersi nel negozio, e di ciò che farà il dottore Marco Antonio de Ponte co' laici si darà copia a D. Pietro de Vera e al suo compagno pel procedere contro i frati e clerici. Odo che contro il Campanella sono ben provati tanto il delitto della ribellione quanto il delitto dell'eresia; procurerò, se posso, che si faccia giustizia pel primo, sebbene non riesca a persuadermi che li vogliano tradurre a Roma per l'eresia; ma, per sì o per no, farò istanza che quanto riguarda l'Inquisizione si rimetta qui al Nunzio. Di alcuni de' laici che sono convinti e confessi comincerà a farsi giustizia secondo la colpa di ciascuno; di ciò che si farà andrò dando conto a V. M.tà" etc.
Adunque il Vicerè poteva tenersi certo che il Campanella non la scamperebbe, e facendo trattare in Napoli anche la causa dell'eresia, per lo meno veniva ad assicurarsi che il povero frate non sarebbe mai più sfuggito dalle sue mani.
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