E vedremo da' Registri de' Bianchi di giustizia risultare, che l'esecuzione di Cesare Pisano fu fatta fare "vicino la Guardiola del Castello" (presso a poco dove fino a' giorni nostri è stata la posta delle lettere), e quella di Maurizio innanzi la "Chiesa di Monserrato" (che sta quasi dirimpetto) vale a dire all'ingresso dell'attuale Strada di Porto, che allora dicevasi Piazza dell'Olmo, vale a dire di prospetto alla torre del Castellano, senza dubbio per metterle sotto gli occhi del Campanella e de' suoi calabresi. Da tutto ciò può desumersi con bastante certezza che il Campanella sia stato rinchiuso nella torre del Castellano, sotto gli appartamenti di D. Alonso de Mondezza, e che le carceri occupavano i piani inferiori di questa torre e i bastioni vicini, tanto verso la torre Bibirella, quanto verso la torre corrispondente della porta, trovandosi appunto sulla sommità di questi bastioni la loggetta del Castello. La massa de' calabresi era mista con altri là detenuti, per imputazione o per condanna, sia in nome del potere civile sia in nome del potere ecclesiastico, e ne vedremo figurare parecchi nel corso di questa narrazione: occupavano molti il carcere così detto "del civile", occupavano altri il carcere criminale che stava più in alto e componevasi di camere più piccole, dove erano rinchiusi uno, due e fin quattro individui, secondo l'importanza di essi, disponendo per solito di un sol letto ogni coppia e venendo spesso tramutati da una camera nell'altra. I miserabili ricevevano un carlino al giorno (circa 40 centesimi), e sappiamo che così vivevano moltissimi, tra gli altri il padre del Campanella, il Tirotta, gli stessi frati, come fra Paolo della Grotteria, fra Pietro di Stilo, il Petrolo, il Bitonto, e senza dubbio anche il Campanella, dopochè fra Cornelio si aveva appropriato il danaro raccolto in Calabria per loro.
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