Da parte nostra possiamo aggiungere soltanto il nome di qualche altro de' laici, che figurò pure nel processo di eresia ed ebbe ivi occasione di far motto del tormento sofferto: tale fu Felice Gagliardo, che disse avere avuto "a morire" nella "seconda corda" che gli diedero in Napoli; ma ciò avveniva abbastanza più tardi, nientemeno che verso il marzo 1602, onde rimane dimostrato che tutto questo lavoro durò molto a lungo.
Circa i contumaci poi, dietro documenti da noi trovati nel Grande Archivio, possiamo dire che non si mancò di venire alla "forgiudica" per parecchi di loro, e non sempre in sèguito di indizii gravissimi. Come abbiamo accennato altrove, con questa parola "forgiudica", parola non giuridica ma di uso comune nel Regno, s'intendeva di costituire gl'inquisiti fuori ogni adito al giudizio, ovvero di giudicarli fuori giudizio, se a questo non si presentassero fra un certo termine; il quale termine le Costituzioni del Regno prescrivevano dover essere un anno, ma la licenza del Principe potea ridurre a pochi giorni e perfino ad ore! Si pubblicavano i bandi per citare gl'inquisiti a comparire personalmente "ad informare ed a' capitoli", e i bandi, intrinsecamente mortali, erano connessi all'annotazione de' beni: fatta poi e letta la sentenza, i rei si avevano per confessi, non potevano appellarsi nè supplicare, nè erano ascoltati nella causa principale; si ritenevano morti e i loro beni venivano confiscati, ognuno poteva ucciderli impunemente e i loro cadaveri non potevano esser seppelliti(53), potevano bensì, con certe regole, essere rilasciati per l'anatomia.
| |
Felice Gagliardo Napoli Grande Archivio Regno Costituzioni Regno Principe
|