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      Le conseguenze legali non variavano punto per tutto ciò, e tale fu infatti l'opinione che ne portarono i Giudici; lo rileviamo benissimo da una lettera del Nunzio, in data 11 febbraio. "Nella causa della ribellione finalmente con poco tormento, per vigor della facoltà venuta et per la sua (int. la lettera del Card.l S. Giorgio) de' 24 del passato, che comunicai subito con S. E., si cavò da quel Campanella tutto il fatto come era passato, se bene non hà mai voluto chiamarlo ribellione ma detto che voleva far Repubblica la provincia di Calabria per mezo delle Armi e delle Prediche, quando però seguissino i garbugli in Italia, che lui si era presupposto, et intanto andava disponendo gli animi et procurando seguito; il trattar col Turco dice che fù concetto di quel Mauritio di Rinaldo, che poi hanno fatto appiccare, non di meno il negotio resta di maniera scoperto che non par che possa haver difesa, alla qual cosa se gli è di già dato il termine, e la commodità, et intanto si seguirà contra complici ch'egli hà nominato, con i quali si terrà il medesimo modo che si è tenuto con seco, poichè è riuscito bene". Vedesi qui manifestamente che neppure il Nunzio diede alcuna importanza a' Profetali esposti dal Campanella in rapporto al disegno della repubblica da lui concepito e promosso, e ritenne puramente e semplicemente essersi avuta la confessione di una congiura o trattato di ribellione, per lo quale il Campanella era andato disponendo gli animi e procurando sèguito, nè deve sfuggire che egli mostrò chiaro qual fosse l'animo suo, ed anche l'animo della Curia alla quale scriveva e doveva ingegnarsi di dar buone notizie, dicendo che il modo tenuto era riuscito bene, mentre il povero filosofo si era avviato all'estrema rovina.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Secondo
di Luigi Amabile
pagine 741

   





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