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      Passiamo quindi sopra di esso, e del pari sopra il seguente, che gli apparisce collegato e che dinota un grave sconforto succeduto ad una viva fiducia; ci troviamo così in presenza del Sonetto "in lode di carcerati e tormentati", che ci conduce al periodo in cui si pose mano alle torture cominciando da Maurizio.
      Siamo dunque alle prime settimane del dicembre 1599, al tempo del massimo fervore nel processo della congiura pe' laici. Maurizio avea sostenuto con fermezza terribili e lunghissimi tormenti, e gli altri avrebbero dovuto imitarne l'esempio; il Campanella lo esalta con entusiasmo, e merita di essere notato che attribuisce allo "ardore di libertà e di ragione" il superare que' tormenti, armi del tiranno:
     
      Veggio spirti rivolti al Creatore
      schernir tormenti e morte, del tyrannoarmi sovrare, e scherzar con l'affanno
      . . . . . . . . . . . . . .
      Di libertà e ragion tanto è l'ardoreche dolcezza il dolor, ricchezza il danno,
      seguendo l'orme di color che sanno,
      stimano, armati di gloria et honore.
      Rinaldi il primo sei notti e sei giornivince i tormenti antichi e i nuovi sprezza
      . . . . . . . . . . . . . . . .
      esempio a gl'altri d'invitta fermezza"(119).
     
      Ma il poeta dovea sentirsi anche personalmente grato a Maurizio, il quale, non avendo confessato, aveva contribuito assaissimo a farne migliorare la causa; ed ecco quel Madrigale:
     
      Generoso Rinaldi
      vera stirpe del syr di Monte Albano" etc.
     
      Nè deve fare impressione qualche concetto come quello di "aver reso il pegno di fedeltà al Re". Bisogna tener presente che stavano entrambi in carcere e sotto un processo capitale; la poesia avrebbe potuto essere sorpresa da' carcerieri e trasmessa al Sances, onde naturalmente non può darsi molto peso a qualche concetto che esprima innocenza, ed invece deve darsene molto a quelli che esprimono sentimenti di libertà. - Ma giunge il 20 dicembre, e Maurizio sotto le forche si decide a confessare per iscrupolo di coscienza: si rivolta allora l'animo del poeta, e scrive quel "Madrigale di Palinodia", che è triste dover ricordare, e che i lettori troveranno dopo il precedente; un passaggio così brusco dalla lode al vituperio stringe veramente il cuore.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Secondo
di Luigi Amabile
pagine 741

   





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