Dobbiamo d'altra parte aggiungere che il Vescovo di Termoli si era presto messo in corrispondenza con Roma, dando ragguaglio al Card.l di S.ta Severina di ciò che veniva rilevando negli esami de' frati, e di ciò che gli riusciva sapere anche per vie estragiudiziarie; poichè con una premura lodevolissima, oppostamente all'incuria sempre addimostrata dal Nunzio, cercava la luce dovunque, non solo dagl'inquisiti, ma anche da fra Cornelio, dallo Sciarava, perfino da Fabio di Lauro, oltrechè da D. Pietro de Vera, parlando loro privatamente. Abituato a quelle ricerche diligentissime che si adoperavano nel giudicare le materie di S.to Officio, colpito dalla feroce prepotenza de' Giudici Regii e dalla condotta per lo meno deplorabile de' Giudici ecclesiastici nella Calabria, consapevole degli odii feroci e criminosi che campeggiavano segnatamente nell'ordine Domenicano al quale egli stesso apparteneva, forse anche trasportato dall'ammirazione e dalla benevolenza che da un pezzo nutriva pel povero fra Tommaso, non credè mai di aver fatto abbastanza per iscoprire la verità, e vedremo che, fino alla sua morte, egli, tanto pratico nelle cose giudiziarie, rimase perplesso e dubbioso su tutto. Delle sue lettere non conosciamo che i punti più notevoli, i quali vennero inserti negli ultimi Sommarii de' processi, e senza le date che pure favorirebbero tanto più la buona nozione dell'argomento; laonde non possiamo riportarli, come vorremmo, a proprio tempo e luogo, ma ci vediamo obbligati a riunirli tutti in un fascio al sèguito degli atti compiuti da quel Vescovo.
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