Ed egli si scusò, dicendosi suddito del Pizzoni ed obbligato ad eseguirne gli ordini ricevuti dietro erronei apprezzamenti; fece avvertire che non era letterato e quindi non era capace di predicare, ed aggiunse che avea comunicato al Pizzoni quanto gli era accaduto di sapere, che aveva pure scritta una lettera dettata dal Pizzoni per dar notizia al P.e Generale della ribellione e di alcune cose di S.to Officio, che aveva egli medesimo portata questa lettera alla posta di Monteleone. In tal guisa procedevano gli esami, condotti con molta perizia e conoscenza della causa, come risulta da' documenti; questi mostrano inoltre lo studio che il Vescovo di Termoli vi faceva, notando al margine di essi non solo i punti più importanti, ma anche i raffronti con gli esami anteriori, le menome varianti e le cose che gli sembravano inverosimili.
Si produsse allora un primo incidente tra' parecchi che in questa causa si verificarono. Fra Pietro Ponzio, sulla cui persona era stata fatta una ricerca di corrispondenze provocata dal Lauriana, si pose con tanto maggiore accanimento, egli e fra Dionisio, a sorvegliare il Lauriana e il Pizzoni, che tenevano corrispondenza tra loro. Il Lauriana trovavasi nella carcere da basso con più di venti individui, ed il Pizzoni stava in una delle carceri superiori con Gio. Angelo Marrapodi, Geronimo Conia e Marcantonio Stanganella: Aquilio Marrapodi, giovanetto quattordicenne, figlio di Gio. Angelo, serviva questi ultimi ed anche il Lauriana, fra Pietro e fra Dionisio, ed eludendo la vigilanza de' carcerieri portava le corrispondenze; un giorno fra Dionisio lo sorprese, gli tolse una lettera che teneva nascosta in petto, lettera senza firma e senza indirizzo, ma scritta certamente dal Lauriana al Pizzoni.
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