Accettò di aver visitato fra Dionisio in casa Grillo, ma negò di aver fornite vivande, aggiungendo, "non hò per me, et hò nove tra figlie et nipote femine"; negò pure energicamente di avere udito discorsi eretici, ed aggiunse, "si fra Dominico (Petrolo) lo dice, fatime mettere un chiappo al collo et impendere". Da ultimo s'inginocchiò innanzi a' Giudici e disse, "Signori, siamo tutti spersi per povero regno, et si questi monaci hanno fatto male, vi prego, castigateli per amore di Dio": con ciò, s'intende, egli volea dire che facessero presto, perchè così sarebbe presto tornato a casa sua ove l'attendeva una frotta di giovani donne rimaste nell'abbandono e nella miseria; e il suo desiderio era naturalissimo, ma faceva dimenticargli che tra' monaci i quali avrebbero dovuto essere gastigati, e non lievemente, c'era anche il migliore de' suoi figliuoli. - Molto più breve fu l'esame di Gio. Pietro Campanella, che si dichiarò di 28 anni in circa e di mestiere calzolaio. Gli chiesero se avesse mai udito suo fratello fra Tommaso parlare di rivoluzioni da dover accadere nel 1600; ed egli rispose che poche volte gli avea parlato e non mai di tali cose. Al pari di suo padre, non sapendo scrivere, segnò con una croce il processo verbale dell'esame.
Il 20 luglio venne il Campanella ricondotto innanzi a' Giudici, e continuò a mostrarsi pazzo(187). Non voleva rimanere nella sala di udienza, si tirava indietro, e poi cominciò a baciare certe figure disegnate nel foglio del Calendario. Gli si fecero dimande strane; quante sorelle aveva, dove trovavasi il suo padre carnale e da quanto tempo non l'aveva veduto, se possedeva il breviario etc. poi lo si avvertì di cessare dal fingersi pazzo.
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