Aggiunse essere stato presente, quando Cesare Spinola disse al Soldaniero non dover procurare tanta rovina a que' frati, e il Soldaniero si scusò raccontando come era stato costretto di deporre contro fra Dionisio dopochè fu circondato il convento in cui stava per opera de' Polistina e del Priore; avere lui stesso udito il Soldaniero lamentarsi, perchè i frati l'aveano ridotto nelle mani del diavolo e non poteva ritrattarsi senza essere appiccato; aver veduto l'indulto concesso al Soldaniero da Carlo Spinelli coll'intercessione di fra Cornelio, e sapere che trovavasi depositato alla banca di Barrese. Aggiunse aver saputo in Napoli direttamente tanto dal Pizzoni quanto dal Petrolo, che in Calabria fra Cornelio diceva loro doversi dare soddisfazione a' Giudici laici, che essi aveano dovuto deporre eresie per isfuggire da' secolari e tentare di esser chiamati a Roma, e che "per verità tutto era stato inventione"; aver saputo anche dal Di Francesco suo cognato, carcerato insieme col Pizzoni in Gerace, che fra Cornelio "con bravate, e con bone parole lo suggerì ad esaminarsi contra non so chi frati". Conchiuse aver dovuto giudicare, dietro le cose sapute dal Soldaniero, dal Pizzoni e dal Petrolo, che erano state dette molte falsità (e vede ognuno di qual peso riusciva una simile testimonianza da parte del Contestabile, convertito oramai in deciso difensore de' frati).
Il 7 novembre s'iniziò la seconda seduta col cavaliere fra Antonio Capece(220), il quale disse aver veduto una volta un frate rossetto, compagno del Visitatore di Calabria, venire a visitare il Lauriana nel carcere, e costui ricordargli che avea deposto quanto egli avea voluto, e dimandargli qualche somma de' danari che erano stati contribuiti da' conventi di Calabria, ricevendone buone parole e nove carlini; aver poi saputo dallo stesso Lauriana che era sicuro di aver la corda, ma non se ne curava per amore del Pizzoni suo maestro, che lui veramente non conosceva nulla di quanto avea deposto, ma l'avea deposto per liberarsi dalla Corte temporale e non essere "inforcato et fatto in pezzi", e si voleva veramente ritrattare; essersi ritenuto pubblicamente che si sarebbe ritrattato, ma non lo avea fatto dietro consiglio dato dal dot.r Monaco, presente Domenico Giustiniano; essere state una sera omesse da lui nella litania le parole a falsis testibus, ed avergli fra Pietro di Stilo detto "che non si vergognasse ma che le dicesse" (vigile ed accorto sempre quel fra Pietro); essere corsa pubblicamente la voce che avea chiesto perdono a fra Dionisio per le deposizioni fatte contro di lui.
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