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      A questi articoli, redatti con un po' di disordine e con diversi errori di nomi, attestanti la poca cura dell'Avvocato e l'affievolimento del Pizzoni pur sempre infermo, venne aggiunto un elenco di testimoni rappresentati da tutti i frati inquisiti all'infuori di fra Dionisio (oltrechè del Campanella come ben s'intende), da molti frati de' conventi di Calabria, e da taluni de' conventi di Napoli, dal Contestabile e dal di Francesco carcerati per la ribellione, dallo Spinola e dal Castiglia ed anche da un D. Francesco di Genova carcerati per altre cause, da Fabio Pisano disgraziato padre di Cesare dimorante in Calabria. E con una fiacchezza di accorgimento sempre più notevole, vennero tutti i frati inquisiti indicati come testimoni su tutti gli articoli indifferentemente, sicchè p. es. il Petrolo ed il Lauriana doveano provare anche le affermazioni contenute negli articoli addotti contro di loro; e può dirsi senza esitazione, che la difesa del Pizzoni, già essenzialmente scabrosa, fu mal condotta davvero. - Il fiscale Sebastiano diede dal canto suo appena 6 interrogatorii, contenenti le solite ammonizioni e generalità rutinarie, senza brigarsi menomamente de' fatti affermati negli articoli, tanto dovea sentirsi sicuro che non ve n'era bisogno. I Giudici poi chiamarono all'esame soltanto i frati inquisiti, lo Spinola e il Castiglia, il Contestabile e il Di Francesco, e in due sedute successive, il 14 e 15 novembre, esaurirono le difese del Pizzoni(230).
      Il 14 novembre fu interrogato dapprima fra Paolo della Grotteria, il quale disse di conoscere da poco tempo il Pizzoni e non poter dare testimonianze sulla vita di lui; avere udito con molti altri carcerati in Monteleone Cesare Pisano affermare, che da suo padre era stato dato danaro ed altro al Visitatore e compagno, per passarlo dalla Corte temporale all'ecclesiastica; esser vero che il Visitatore e compagno, presenti Spinelli, Sciarava e il Vescovo di Gerace, minacciarono esso testimone se non avesse deposto contro il Pizzoni intorno al mangiar carne in tempo proibito; che D. Carlo Ruffo con suoi famigli era venuto nelle carceri a sedurlo e così pure fra Cornelio; che avea veduto minacce di pugni e di consegna alla Curia secolare, la quale procedeva a modo di campagna, fatte al Petrolo e a fra Pietro di Stilo.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Secondo
di Luigi Amabile
pagine 741

   





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