Dalla via di Napoli poi nemmeno si potè raccapezzare qualche cosa, e il risultamento più certo dovè esser questo, che il Governo Vicereale rimase tanto più sospettoso ed irritato per quelle lungaggini, le quali doveano parergli tergiversazioni.
Il 7 aprile fu esaminato Geronimo di Francesco, uno de' due testimoni da doversi interrogare in Napoli secondo le ultime prescrizioni di Roma. Il Vescovo di Caserta si era già istallato in Napoli, ciò che mostra in lui molta alacrità nel compiere l'ufficio suo, e conosciamo che prese stanza nelle case di S. Andrea delle monache, propriamente nel palazzo posto all'angolo tra la via di Costantinopoli e quella della Sapienza. Aggiungiamo che il Nunzio medesimo, al contrario di quanto avea fatto durante la vita del Vescovo di Termoli, non mancò mai più alle sedute, o almeno alle sedute riguardanti la trattazione dell'argomento principale. Il di Francesco, interrogato, disse di conoscere molto bene il Petrolo e il Campanella patriotti suoi, di aver trattato poco col Petrolo, ma aver desiderato di far amicizia col Campanella "per la nominata che sentiva di esso, di essere litterato, et nominata di esser dotto": ma soggiunse che fu colto da una infermità che lo tenne a letto cinque mesi, onde non potè trattare con lui, e poi per un cattivo ufficio fattogli da esso Campanella presso certi suoi parenti, al punto da metterlo in questione con loro, gli divenne nemico. Dietro altre interrogazioni, disse di non aver mai trattato da solo a solo col Campanella, di avergli parlato una volta di cose comuni insieme con fra Pietro di Stilo, di averlo un'altra volta visto "in sua cella dove legeva di filosofia" essendosi lui fermato alla porta senza parlargli, e di avergli forse qualche altra volta parlato in piazza, senza ricordarsi di che, presenti Marcello Dolce, morto, e Gio.
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