Da un lato non si comprende in che modo il Sances avrebbe potuto sapere, o mostrar di sapere, lo stato della causa di S.to Officio e prendervi un'ingerenza diretta; d'altro lato in Roma non aveano bisogno di eccitamenti per ordinare l'amministrazione della veglia, non solo perchè era massima di giurisprudenza che agl'inquisiti finti pazzi si potevano e dovevano amministrare i tormenti gagliardi, tanto più che ritenevasi esservi con loro minor pericolo di morte(260), ma ancora perchè, ogni qual volta a Roma appariva necessario un tormento gagliardo, solevasi in quel tempo ordinare l'amministrazione della veglia. Difatti dal Carteggio del Nunzio si rileva che, meno di un anno dopo di aver data la veglia al Campanella, ad un altro frate Domenicano, fra Raimo dell'Olevano, essendo stata inutilmente adoperata la corda nel tribunale della Nunziatura, dietro licenza di Roma fu data pure la veglia e del pari senza cavarne nulla, sì che fu poi mandato alle galere: vero è che questo frate trovasi qualificato "Theologo et Predicatore se bene un gran tristo", già evaso dalle carceri del Nunzio fin dal 1593, ripigliato dalla Corte nel 1601 in abito di assassino con 7 palle in tasca, stato in campagna ed imputato di 6 delitti capitali ed un ricatto; ma l'imputazione del Campanella non era niente meno grave per la Curia Romana(261).
Ecco ora il doloroso racconto di quanto accadde durante la veglia data al Campanella, come risulta dall'Atto che ne fu disteso e che pubblichiamo tra' Documenti(262). Tutti i Giudici erano al loro posto: il Campanella introdotto dal carceriere Martines e richiesto del giuramento disse, Juravit Dominus, Deus in adiutorium.
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