..... (int. sciocco) che voleva parlare? et à queste parole non ci fu nessuna persona presente". A voler giudicare la cosa secondo quel che sappiamo della natura del Campanella, bisognerebbe senz'altro ritenerlo del tutto vera; ma l'essersi verificata dopo un tormento di 36 ore, in quello stato descrittoci dall'Atto che ne fu raccolto, riesce sorprendente in modo, da potersi perfino accogliere l'opinione di chi dicesse procurata dal Sances l'assertiva dell'aguzzino; intanto, deposta sotto giuramento da una persona disinteressata, essa aveva ad ogni modo un valore incontrastabile.
Ma non ostante siffatte prove ed indizii, la giurisprudenza del tempo accordava al tormento una forza tale, da annullare tutte le altre prove e "purgare gl'indizii"; e giacchè il tormento era stato gagliardo e non ordinario, tanto più l'inquisito veniva a giovarsi dell'esito avuto, secondo le dottrine de' criminalisti più in voga. Così il Campanella dovea giuridicamente ritenersi pazzo, quantunque tutti fossero persuasi che egli simulasse la pazzia. E la conseguenza nel tribunale di S.to Officio non era indifferente: come "relapso" egli anche pentito avrebbe dovuto essere degradato e consegnato alla Curia secolare, che l'avrebbe fatto morire; essendo pazzo, non poteva più patire condanna, e laddove fosse stato già condannato dovevagli essere risparmiata la pena di morte, sul riflesso che avrebbe potuto un giorno rinsavire e pentirsi(272). Non occorre dire quanto siffatto principio sia degno di nota, per valutare giustamente la risoluzione che da Roma venne presa più tardi intorno al Campanella.
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