Riesce poi notevole che il Vicerè non abbia fatto trasmettere al S.to Officio le carte che cadevano sotto il dominio di quel tribunale: è impossibile ammettere che egli non vi avesse dato importanza, ma si può meglio ritenere che egli non le abbia trasmesse per evitare un motivo di ulteriori lungaggini. Invece se ne diè moltissima cura fra Dionisio, che non quietò, finchè non venne ordinato di pigliare informazione su questa faccenda delle scritture.
Non appena potè, fra Dionisio mandò al Vescovo di Caserta un memoriale, supplicandolo di venire in Castello "per cose importantissime di S.to Officio"; e il 26 agosto, innanzi al Vicario Arcivescovile e al Rev.do Antonio Peri, trovandosi impedito il Nunzio ed assente il Vescovo di Caserta, fu interrogato circa il memoriale mandato(276). Egli disse che coloro i quali gli si erano esaminati contro, in materia di eresia e di ribellione, avevano assaltato lui ed il germano fra Pietro, l'avevano ferito alla fronte con effusione di sangue, e poco dopo, fatta una ricerca nella sua camera, erano state trovate scritture proibite in una cassa, la quale apparteneva al Bitonto, che l'avea portata presso di lui perchè la conservasse; e ne' giorni seguenti aveva visto quelle scritture in mano del Barrese, venuto in Castello per dimandargli se fossero sue, e credeva che il Bitonto gli avesse "fatto il tradimento" d'accordo col S.ta Croce, Soldaniero e Gagliardo, tanto più che fra Pietro, il quale si trovava, come egli stesso, in un criminale, avea minacciato costoro di volerli denunziare al S.to Officio per cose gravissime.
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