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      Già sappiamo che allora non mancò d'insistere perchè il negozio de' frati avesse un termine, ma non apparisce che avesse fatto sollecitazioni in questo periodo del suo governo, avendo invece cominciato a farle molto più tardi.
      Intanto i frati languivano già da un pezzo e continuarono a languire nella più squallida miseria, circostanza da notarsi per comprendere alcune delle poesie del Campanella, che a suo tempo dovremo passare a rassegna. Una lettera del Nunzio, scritta fin dal 7 7bre al Provinciale de' Domenicani di Calabria(281), ci fa sapere che da' conventi di quella Provincia erano stati una volta mandati danari perchè fossero distribuiti a' carcerati, ma che appunto il Campanella, il quale ne avea "bisogno più che gli altri come malato, non hebbe nulla"; e però il Nunzio aveva ordinato che fosse risarcito con la somma che allora si diceva pronta per lo stesso oggetto, e che tutti i danari rimanessero in mano di un corrispondente del Campanella in Napoli, il quale l'avrebbe provveduto di quel che gli fosse occorso, ed avrebbe badato, "sendo mentecatto", che non gli fossero rubati; aggiungeva poi il Nunzio che di tempo in tempo avrebbero dovuto mandarsi altre somme. Ma non apparisce che i danari, i quali si dicevano allora pronti, fossero stati così presto disponibili; essi doveano passare per varie mani e poteano per lo meno incagliare per via. Difatti vedremo più in là che una somma di D.ti 200 inviati da Calabria, con ogni probabilità quella medesima per la quale avea scritto il Nunzio, ebbe a patire la detta traversìa ed anche qualche cosa di peggio.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Secondo
di Luigi Amabile
pagine 741

   





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