Gregorio(291), alla Sig.ra Porzia Vella suocera dello stesso, a Suora Francesca Prestinace monaca di S.ta Chiara altra sorella, ed al P.e Domenico Caristo vecchio frate ed amico comune. In sostanza, più o meno, con parole coperte e sentenze curiose vi si ammonisce che l'amico (Gio. Gregorio Prestinace) non si fidi nelle assicurazioni del fratello, partito da Napoli credendo "di haver effettuato ogni cosa à loro sodisfattione"; aspetti che la forgiudica sia tolta, la qual cosa solamente il giudice Marc'Antonio di Ponte può sapere quando accadrà, e non si piglino "viziche per lanterne" ma si ascoltino "li consigli delli mal patiti"; e badi l'amico "che con vane speranze se ne ritorni alla patria" e pensi che vi sono nemici "et massime nci è illoco Giuda Scarioto" (forse Giulio Contestabile), e che nel Castello "ci sono emoli... quali non cessano dalla loro anticha perfidia" (certamente Geronimo di Francesco come fu poi dichiarato), e finita ogni cosa ne darà avviso "et allora l'amico potrà far la sua risolutione di appresentarsi". Contemporaneamente vi si dà speranza di prossima fine della causa con buon esito, perchè il Campanella ha vittoriosamente superato un grosso tormento e deve averne un altro, e fra Dionisio pure dovrà averne un altro per le scritture di segreti che si scoversero, ma un altro ne avrà anche il Petrolo, e su costui non si può contare come su' due primi, e però bisogna stare a vedere: questi concetti che esprimono i giudizii, le speranze e i timori, senza dubbio divisi dallo stesso Campanella, meritano di essere testualmente conosciuti.
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