Dietro dimande, disse di non aver lette quelle scritture, e solo ricordarsi di avervi visto disegnata una mano, come pure certe ruote o circoli, e di avere udito nel Castello, e forse anche dal Vicerè, "che erano cose di fattochiarie"; ricordarsi inoltre che la ricerca di quelle scritture venne fatta dietro una rissa tra carcerati nella quale fra Dionisio fu ferito nel capo. Mostrategli le scritture, riconobbe i circoli e la mano disegnata che altra volta avea visto, e cadendogli sott'occhio il libretto di poesie (le poesie del Campanella) disse, "et questo libro ancora riconosco che portai al vicere con l'altre scritture, et lo riconosco alla coperta, et alle zagarelle, benissimo". Notiamo che nulla egli accennò intorno alla scrittura trovata sotto la finestra della camera del Campanella, non essendone stato nemmeno interrogato, e però deve ritenersi che a questa data essa era già scomparsa.
Intanto il Figueroa, ottenuto certamente l'assenso del Sances, avea subito consegnate al tribunale le carte trovate al Gagliardo nel Castello dell'ovo e rimaste presso di lui; il P.e Cherubino le aveva immediatamente qualificate con una sua relazione in data del 24 aprile, e il tribunale, costituendone un 3° gruppo, le avea fatte riunire alle altre. Esse vennero in tal guisa ad aumentare indebitamente il volume delle così dette scritture proibite trovate nella cassa di fra Dionisio Ponzio, tanto più indebitamente perchè non erano punto proibite, riguardando tutt'altro che negromanzia. Forse il Figueroa si studiò di non consegnare quelle che potevano farlo trovare alle prese coll'autorità ecclesiastica come sciente e non rivelante od anche come semplice detentore di carte proibite, avendo già altra volta, e precisamente nell'anno al quale si riferiva la sua deposizione, sperimentato i rigori dell'autorità ecclesiastica(309).
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