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      Tutto sommato, riesce difficile non abbracciare questa seconda opinione; ad ogni modo egli non si disdisse nè sulla ribellione nè sull'eresia come si era sperato. Quando le copie degli esami raccolti furono date a fra Dionisio, costui, non trovando quella dell'esame del Petrolo, potè capire come la cosa fosse andata: non di meno il Campanella, dapprima nelle sue Lettere tanto spesso citate, più tardi nella Narrazione ed anche nell'Informazione, scrisse che "fatto poi processo nel S. Officio... tutti li testimoni si ritrattaro in utraque causa", come pure che "li monaci fur in S. Officio ritrattati o convinti di falsità". Per lo meno il Campanella non fu bene informato: solamente il Lauriana fu sufficientemente provato falso testimone, ma il Pizzoni e il Petrolo, i due testimoni davvero gravi per lui, non si poterono dimostrare ritrattati niente affatto, ed è superfluo notare quanto la cosa debba dirsi importante.
      Il 24 maggio, il Vescovo di Caserta decretò che fossero consegnate a fra Dionisio le copie degli ultimi esami, ma tale consegna non fu eseguita prima del 18 giugno(326). Per l'abitudine poi di quel Vescovo di trattenersi fuori Napoli durante i forti calori estivi, la causa de' frati non progredì nel luglio e nell'agosto. Soltanto si procedè a qualche Atto per Valerio Bruno, il quale con un primo memoriale al Vicario Palumbo, e poi con un secondo al Vescovo di Caserta (20 e 28 agosto) reclamò contro l'empara interposta dal S.to Officio alla sua liberazione mentre era stato "liberato dalle altre cause", e supplicò di essere spedito e abilitato.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Secondo
di Luigi Amabile
pagine 741

   





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