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      Possiamo in verità rimandare le poche poesie con siffatto indirizzo al tempo posteriore all'amministrazione della veglia; ma neanche possiamo rimandarle tutte come vedremo, e dobbiamo ricordare che quel tempo non raggiunse due mesi, essendo circoscritto dal 4 giugno al 2 agosto, e la Musa doveva mostrarsi allora ben riluttante, sicchè un numero molto tenue è lecito assegnarne al detto bimestre; d'altronde sono anche troppe le poesie indirizzate a persone, specialmente del bel sesso, in rapporti più o meno diretti con la famiglia del Castellano, nè poi il Campanella dopo la veglia avea peranco cessato di mostrarsi pazzo. Bisogna dunque conchiudere che nel Castello, perfino presso il ceto autorevole, non mancarono persone pietose e ben disposte verso il prigioniero; nè egli mancò di procurarsene la benevolenza e mostrarsene grato, esaltandone le virtù, carezzandone anche la vanità, abbandonandosi perfino al genere erotico e lascivo, sempre col gusto de' tempi, non senza comporre versi egualmente per conto di altri, spesso per procurarsene qualche favore e sovvenzione nella squallida miseria in cui si trovava. Non farà quindi maraviglia se queste poesie riescano quasi tutte scadenti, di niun valore letterario, ma in compenso di molto valore storico; nè farà maraviglia se in quelle poche, le quali trattano soggetti più elevati, si notino principii politici e religiosi comuni, mentre l'autore avea bisogno di giustificarsi, e le sue poesie doveano circolare tra persone sovente attaccate al Governo, più sovente attaccate alla religione nel senso volgare.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Secondo
di Luigi Amabile
pagine 741

   





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