Le due copie napoletane, al pari della fiorentina, hanno qua e là piccole aggiunte e specchietti in latino per taluni aforismi; ed offrono poi un piccolo garbuglio di distribuzione della materia, onde apparisce un numero di Aforismi un po' minore de' 150, mentre la materia c'è tutta. Si conosce che siamo debitori al D'Ancona della stampa degli Aforismi in italiano, così come furono composti originariamente dal Campanella: egli si potè servire solamente di una copia tratta da due Manoscritti parigini entrambi scorrettissimi, e dovè lavorare di molto a ridurla; le copie napoletane potrebbero ottimamente servire per qualche altra edizione.
Relativamente alla Città del Sole, la più importante per noi, di certo essa non fu composta dal suo autore "avanti che entrasse nel carcere" come è sembrato al Berti(373): era bensì nella mente e nel cuore di lui in quel tempo, ed anche sulle sue labbra a sprazzi, ma fu posta in iscritto solamente nel carcere, durante il 1602. Con ogni probabilità fu cominciata a' principii del 1602, scorsi i 6 mesi di cura che sappiamo essergli stati necessarii dopo la veglia, quando il suo corpo era tornato florido e il suo spirito trovavasi grandemente confortato; giacchè sostenuta bene la veglia, provata giuridicamente la sua pazzia, egli poteva reputarsi salvo, in forza di quel principio che registrò di poi in una delle note annesse alle sue poesie, cioè che "de jure gentium i pazzi son salvi"(374); ed oltracciò, vedendo condotto così in lungo il processo dell'eresia, donde un ritardo sempre maggiore nella conchiusione del processo della congiura, dovea trarne la conseguenza che la ragion di Stato, della quale egli ritenevasi vittima, si sarebbe trovata verso di lui già calmata.
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