Antonio Lucano, che gli avea dato ricetto mentre trovavasi "forgiudicato per la causa di ribellione", e poi finì per essere catturato egli medesimo, nell'ottobre di quell'anno, per opera di D. Carlo di Cardines Marchese di Laino, Governatore di Calabria ultra in quel tempo: il documento che lo riguarda non fa menzione di altri delitti da lui commessi, ma lo dichiara solamente "forgiudicato nella causa della pretensa ribellione", ed inviato a Napoli perchè quivi "in detta causa... si procede per delegatione", onde il Vicerè loda molto nel Marchese "la diligentia de un cossì accertato et signalato servitio"(400). Da ciò rilevasi che al cadere del 1604 il tribunale speciale della congiura pe' laici era sempre aperto; ed aggiungiamo che un altro documento ci mostra il Dolce tuttora nelle carceri del Castel nuovo nel 1610(401). Passando a Gio. Francesco d'Alessandria, dobbiamo dire che egli continuava nella sua mala vita di fuoruscito in compagnia pure di Antonio suo padre, e nel 1605 venne finalmente catturato: un reclamo contro di lui lo dichiara "carcerato inquisito per la causa della Rebellione", sottoposto ad informazione per un omicidio in persona di un Antonio Lapronia e per "altri homicidii et enormi delitti"; un reclamo poi contro l'Auditore Ferrante Barbuto, successo all'Auditore Hoquenda come delegato a tale informazione, rivela che il Barbuto ebbe per mezzo di Carlo di Paola, nostra vecchia conoscenza, D.ti 200 "acciò guastasse l'informatione presa"(402). Entrambi questi documenti meritano di essere consultati per acquistare una nozione de' tempi sempre più esatta, ma principalmente il secondo, scritto dal figlio di Gio.
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