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      D. Pietro de Vera, già divenuto sin dall'aprile 1601 pro-Presidente del Sacro Regio Consiglio per morte di Vincenzo de Franchis, poi dal 16 10bre 1602 passato a Presidente per la promozione di Fulvio Costanzo a Reggente di Cancelleria(413), comunque in età più che matura, era preoccupato del non aver discendenza e trattava un matrimonio. Non era questa veramente la prima volta che a D. Pietro fosse venuto tale pensiero; il Residente Veneto, che non si lasciava sfuggir nulla ed anche di siffatte cose teneva informato il suo Governo, nel 1598 (25 7bre) scriveva che D. Pietro era sul punto di sposare la figlia di D. Hernando Mayorca già Segretario di più Vicerè, il quale, egli diceva, "prima non avea che la penna" ed allora, morendo, lasciava alla figlia 50 mila duc.ti di dote, ad un figlio 15 mila duc.ti di entrata. Ma poi non se ne fece nulla, ed al tempo al quale siamo pervenuti, come accade col progresso dell'età, D. Pietro non andava più in cerca di ricca dote ma di bellezza e gioventù, ed aveva intavolate trattative con la figliastra appunto del Reggente Fulvio Costanzo, D.a Livia Sanseverino, sorella di D. Scipione che abbiamo visto Marchese e poco dopo Duca di S. Donato (confr. pag. 115): era questa, come dice un manoscritto di Ferrante Bucca che l'aveva probabilmente conosciuta, "la più bella e bizzarra dama dell'età sua", e quasi non occorre dirlo, D. Pietro fu tutto occupato a vagheggiare la sua Diva andando allegramente incontro alle solite conseguenze(414). Un altro motivo tenne pure distratto D. Pietro in questo tempo, la morte di suo zio Francesco de Vera, Ambasciatore di Spagna a Venezia, ond'egli dovè partire per quella città: un documento rinvenuto nel Grande Archivio ci fa conoscere che D. Pietro sottoscrisse il contratto di nozze il 29 aprile, ed una lettera rinvenuta nel Carteggio del Residente Veneto ci fa conoscere che partì per Venezia il 30 aprile(415). Con queste circostanze e queste date si può intendere una lettera del Nunzio, nientemeno del 18 luglio 1603, nella quale faceva sapere a Roma (dove non apparisce punto che si pensasse tuttora al Campanella) che subito dopo la spedizione della causa di S.to Officio egli non aveva mancato di sollecitare il suo collega D. Pietro per la spedizione della causa della congiura, ma senza riuscirvi mai; che avendo avuta notizia della partenza di lui per Venezia, l'aveva sollecitato di nuovo ed aveva pure sollecitato il Vicerè, tanto più che i frati ne facevano istanze continue, ma gli si era risposto non essere possibile far nulla prima dell'andata, bensì tutto si sarebbe fatto al ritorno; che infine essendo D. Pietro tornato, e trovandosi prossimo a sposare, fra 10 o 12 giorni, la figliastra del Reggente Costanzo, egli non avea mancato di muovergli il dubbio che siffatta mutazione di stato poteva recare impedimento alla funzione di Giudice de' frati, e gli si era risposto che non dicendo il Breve dover essere clerico non coniugato, non appariva impedimento alcuno.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Secondo
di Luigi Amabile
pagine 741

   





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