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      Se vi era qualche ragione per la quale non conveniva tenerlo nel Castel nuovo, perchè mai non poteva il tribunale riunirsi nel Castel S>. Elmo?
      Ma verso il 7 agosto, dietro nuove sollecitazioni del Nunzio, il Vicerè non tenne più oltre nascosta la sua vera opinione sull'incidente. A questa data(448) il Nunzio faceva sapere a Roma, che avendo parlato di nuovo al Vicerè, l'avea trovato "diverso" da quello di prima, perchè gli avea detto che non potendo D. Pietro de Vera intervenire come Giudice, avrebbe scritto a Roma e nominato un altro il quale potesse intervenire. Aggiungeva che invano egli avea replicato al Vicerè non esser questo necessario, "perchè il fine principale di N. S.re era stato che intervenisse qualch'uno de' Ministri di S. M.tà acciò vedesse come passava la causa, la qual cosa era fatta" (!); dimandava quindi nuovo ordine, poichè aveva saputo dal Notaro della causa che gli Atti, le minute e le sentenze erano in mano del medesimo D. Pietro, nè egli poteva andare oltre "senza qualche turbatione", che non gli era parso di dover eccitare mentre la faccenda poteva avere altro rimedio. - Ma il rimedio non poteva essere altro oramai che quello di cedere, poichè si aveva manifesto torto: e nessuno vorrà ritenere che il Vicerè fosse stato mai diverso in cuor suo. Il Conte di Benavente aveva adottato un modo di procedere del tutto opposto a quello del suo antecessore Conte di Lemos. Per quanto costui si era mostrato attivo, insistente, premuroso, personalmente impegnato, altrettanto egli aveva preferito mostrarsi freddo, inerte, distratto, poco informato; e lusingando a tempo la vanità della Curia, mezzo di riuscita sempre sicuro, avea scansato i richiami sulla gravissima decisione da lui presa intorno al Campanella, e fatta anche essenzialmente terminare la causa per gli altri frati, rimanendo perfino le minute delle sentenze nelle mani della persona di sua fiducia.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Secondo
di Luigi Amabile
pagine 741

   





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