agli, che a quella data poteva sembrare davvero imminente.
Al tempo trascorso nella fossa di Castel S>. Elmo appartengono di certo molte opere e la massima parte delle poesie che furono pubblicate; nè si può dubitare che fin dal primo momento il Campanella abbia dovuto porre mano alla composizione delle opere, giacchè il numero di esse riferibile a' primi anni della dimora in S. Elmo è davvero sorprendente; e però crediamo che egli abbia dovuto ben presto trovar modo di ottenere da' "leopardi" un maggior numero di ore di luce, alla qual cosa provvidero verosimilmente gli aiuti di fra Serafino di Nocera ed anche le risorse sue proprie, essendo stato sempre stimato tale da comandare al diavolo. Una delle poesie, che apparisce la prima di questo periodo, ce lo mostra rassegnato, come d'altronde era naturale, dovendosi stare a vedere dove la cosa andrebbe a riuscire: alludiamo al "Sonetto nel Caucaso", in cui il Campanella professa inutile il credere la morte un rimedio a' guai, giacchè "per tutto è senso", e conchiude:
Filippo in peggior carcere mi serraor che l'altr'ieri: e senza Dio no 'l face,
stiamci come Dio vuol, poichè non erra"(458).
Non abbiamo bisogno di dire che il carcere dell'"altr'ieri" sarebbe il torrione del Castel nuovo. Ma la fossa non consentiva una calma rassegnazione: ben presto egli dovè comporre ancora la "Lamentevole orazione profetale" e un po' più tardi le "Quattro Canzoni in dispregio della morte", così indicate nell'edizione Adami. Infatti la Lamentevole orazione tra gli altri dolori esprime quello per la separazione dagli amici tuttora in carcere, ciò che può riferirsi solamente a' frati lasciati nel Castel nuovo, ed ancora esprime l'apparizione di mostri e di draghi, ciò che fino ad un certo punto accenna all'apparizione de' diavoli, da' quali in più luoghi il Campanella affermò di aver ricevuto travagli nella fossa:
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