Cosģ un confronto tra i manoscritti e l'opera stampata, mentre ci conduce a determinare la data di questa ricomposizione in un modo abbastanza esatto, ci mostra pure che i manoscritti debbono dirsi realmente la ricomposizione originaria dell'opera, non una traduzione dal latino fatta per conto di qualcuno poco versato nelle lingue antiche. Abbiamo detto che ci son due manoscritti di quest'opera, in Napoli e in Roma; aggiungiamo che del 4° libro di essa, costituito dalla "Magia naturale", vi sono inoltre pił copie, una in Firenze nella Magliabechiana, due ancora in Parigi, nella Bibl. dell'Arsenale n.° 14 e in quella di S.ta Genoveffa n.° 15. La dicitura italiana vi si mostra oltremodo rozza; alcune parole esprimenti gli organi sessuali e gli atti generativi non si potrebbero ripetere, e si direbbe aver l'autore sentita l'influenza del linguaggio dell'ergastolo nel torrione e in S. Elmo. Il Berti, ispiratosi senza dubbio alla lettura della Monarchia di Spagna, degli Aforismi etc., ha giudicato che "queste versioni italiane... fatte per lo pił con correzioni e purgatezza si potrebbero raccogliere e pubblicare"(464); ma si tratta in realtą di composizioni originarie, ed alcune tra esse, in particolare quella Del Senso delle cose, sono tutt'altro che purgate. Notiamo poi nell'opera, sotto il punto di luce del nostro argomento, il ricordo di fra Pietro di Stilo pił volte e quasi sempre in termini affettuosi; il ricordo analogo di D. Lelio Orsini due volte; fino ad un certo punto il ricordo anche de' Ponzii, lą dove, recando un esempio, dice, "et cosģ nel senso che quando vedo Pietro mi pare vedere Dionisio perchč simigliano". Notiamo ancora il ricordo indiretto del trovarsi carcerato, lą dove, parlando della calamita, dice, "non sņ se miri al polo antartico, che non mi lice parlare a' naviganti" (nella trad. lat.
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