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      L'Epistolario napoletano ci mostra tutte queste cose, e ci mostra pure che lo Scioppio inviava al Campanella qualche sussidio, o del suo o del danaro de' Fuggers, per gli alimenti e per la trascrizione delle opere, la quale, come abbiamo dimostrato con l'esame delle copie pervenute fino a noi, venne fatta da un amanuense non napoletano.
      Secondo una notizia tratta dall'Epistolario romano, il Fabre avrebbe accompagnato lo Scioppio o meglio sarebbe venuto poco dopo lo Scioppio in Napoli, e, nientemeno, avrebbe ottenuta l'uscita del Campanella dalla fossa di S. Elmo! Egli lo fece sapere a Marco Velsero, e costui, in data del 9 maggio 1607 gli scriveva, "grand'obbligo debbe tener il Campanella a V. S. di essere stato trasferito et accomodato come lei dice". Siamo tentati di credere che per lo meno debba esservi qui un errore di data, parendoci molto strano che il Fabre abbia potuto far credere una cosa simile, mentre non solo sappiamo che il Campanella il 26 giugno e l'8 luglio 1607 (nella sua lettera sulla peste di Colonia e nell'altra a Mons.r Querengo) disse trovarsi ancora nella fossa in ceppi, ma sappiamo pure dal medesimo Epistolario romano che vi fu bisogno di far scrivere al Vicerè dall'Arciduca Ferdinando, nel gennaio 1608, che volesse far trasferire il Campanella "dalla fossa di S. Elmo, dove giaceva, nel Castel Nuovo" (così si esprime il Berti). Vi fu poi un'altra venuta del Fabre abbastanza più tardi, dopo che avea pubblicata la disputa "De Nardo et Epithimo" e coll'occasione di dover raccogliere piante per l'Orto Vaticano: queste due circostanze si trovano ricordate da Giulio Cesare Capaccio che vide il Fabre in Napoli(491), e ci fanno comprendere lo scopo della venuta ed anche la data di essa; poichè basta guardare la disputa anzidetta, per vedere che questa fu diretta allo Scioppio in data del 1° febbraio, ma fu dedicata all'Archiatro Pontificio Vittorio Merolli in data del 1° agosto 1607. Vedremo che la venuta di cui parliamo si deve riportare propriamente all'anno 1608. Notiamo pertanto non essere dimostrato davvero che il Fabre e lo stesso Scioppio, venendo a Napoli, si siano adoperati in favore del Campanella nel senso di avere direttamente procurato dal Vicerè mitigazione di custodia, miglioramento di vitto, e tanto meno avviamento alla libertà: in obbedienza alle premure di Giorgio Fugger essi doverono recar sussidii e procurare facilitazioni per questa via; ma finoggi possiamo affermare che realmente il solo fra Serafino, il meno nominato, si presentò una volta al Vicerè per parlargli del Campanella.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Secondo
di Luigi Amabile
pagine 741

   





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