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      ...", ed allora potrebbe "volerlo estinto, e il diavolo subito gli direbbe nel cuore bastare quanto avea fatto intorno a ciò che avea promesso con giuramento, bastare averlo tentato, essendo impossibile procurare la salvezza del Campanella... di cui ogni male gli parrebbe provenire dalla giustizia di Dio". E finiva dicendo: "Tibique commendo libros, sicut me Deus tibi, si forte non simulas, ut coeteri"! Pare impossibile che un uomo come lo Scioppio non sia rimasto offeso da simili parole; ma sappiamo con certezza che se ne mostrò irritato in sèguito allorchè il Campanella, non vedendo pubblicare le sue opere, gli fece intendere di nuovo la sua preoccupazione che egli volesse servirsene, e non gli mandò i Profetali che egli desiderava sempre più. Per altro c'è motivo di ritenere che lo Scioppio siasi mostrato tollerante verso il Campanella molto al di là del solito suo, per deferenza a' potenti Fuggers, che non cessavano di proteggerlo accanitamente.
      Abbiamo visto che il Campanella, nell'inviare le opere, diceva di farlo per non sembrare ingrato. Egli ritenevasi obbligato allo Scioppio, perchè era condisceso a favorirlo e si era impegnato a patrocinare la sua causa: d'altronde sappiamo avergli lo Scioppio procurato alcune lettere commendatizie dirette al figlio del Vicerè, altre averne sollecitate mediante Mons.r Querengo dal Card.l Borghese dirette egualmente al figlio del Vicerè, che le cronache ci dicono essersi recato a Roma insieme coll'altro suo fratello non appena eletto Paolo V, e però doveva essere stato conosciuto da molti della Curia; forse lo Scioppio medesimo sollecitò le lettere dell'Ambasciatore Cattolico e dell'Ambasciatore Cesareo, che il Campanella nella lettera dell'8 luglio 1607 diceva di attendere.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Secondo
di Luigi Amabile
pagine 741

   





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