Quando si avesse a ritenere la detta lettera del Naudeo non come una bizza momentanea, ma come l'espressione del suo profondo convincimento sul Campanella, allora, avendo lui scritto le note lettere latine posteriori al 1636 e la lettera dedicatoria del Syntagma, avendo inoltre pubblicato il Panegirico ad Urbano VIII con la relativa avvertenza, nel quale del resto diede veramente prova solenne di menzogna e d'impostura, andrebbe a lui rivolto quel suo motto "ipse est catharma, carcinoma", con ciò che segue.
(486) Ved. Doc. 520, pag. 596.
(487) Alludiamo a' "Nuovi Documenti su T. Campanella tratti dal Carteggio di Giovanni Fabri, Roma 9bre 1881". Notiamo che i documenti di tale Carteggio pubblicati nella loro integrità sono solamente cinque, rappresentati da due lettere dell'Arciduca Ferdinando e tre lettere dello Scioppio, mentre le notizie che li accompagnano ne mostrano un numero assai maggiore. Come abbiamo detto nella Prefazione di questo libro, ancora non si concede di poter vedere il Carteggio.
(488) Ved. Centofanti nell'Arch. storico italiano, luglio 1866 pag. 19: "De cleri reformatione iterum dico tibi me quasi nihil sperare...; ipsi orabunt nos, si Principes duos, quos quasi manibus teneo convertemus, et sapientes Germaniae per novitatem doctrinae admirabilis alliciemus": d'onde si vede che il Campanella avea giù rinunziato a sostenere la riforma del Clero consigliata come indispensabile nella lettera del 1606 al Papa, e il suo pensiero era tutto rivolto alle imprese di Germania da doversi compiere insieme con lo Scioppio, al quale aveva pure scritto un'altra volta.
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