Io so, che scrivendo di età lontane, spesso viensi, come dice un felicissimo ingegno, a far l'indovino del passato. Ma mi studierò a dare alla immaginativa il men che si possa. E perchè i fatti, e là dov'essi manchino, le induzioni, abbiano saldo fondamento, non ritrarrò i primi altrimenti che da scrittori contemporanei o diplomi(1). Delle memorie repugnanti tra loro, seguirò quelle di maggior autorità, sia per sè medesime, sia perchè si accordino con le necessità degli uomini e de' tempi.
E su i tempi rivolgendo indietro lo sguardo, io non dirò, per esser cose a tutti notissime, nè gli ordini del governamento feudale che ingombrava l'Europa, nè i vizi di quello, nè i passi che moveansi alla riforma nel secolo decimoterzo. Quali nascer possono da poter civile, non già diviso ma senza misura fatto a brani e fluttuante, da estrema disuguaglianza ne' dritti e negli averi, e poco men che universale ignoranza, deturpata religione, leggi impotenti, e uso alla violenza, e necessità della frode; e tali erano i costumi: nè la riforma, dubbia e tarda, li moderava per anco. Necessaria è per natura, nei costumi de' popoli, una mescolanza di buono e di tristo, della quale per leggi ed esempi mutansi alquanto le proporzioni, e non si spegne pur mai nessuno degli elementi; ma in quella età forse al peggio si traboccava, sopra il biasimo de' tempi nostri. Certo egli è, che in tal mezza barbarie, sciolti gli uomini dalla menzogna delle infinite forme, che oggidì ne inceppano a ogni passo nel viver domestico e civile, le grandi passioni, o buone o triste, più rigogliose sorgeano, e più operavano.
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Europa
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