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      Così mutossi per parte guelfa lo stato di tutte le province italiane; al nome ghibellino non restando che Siena e Pisa: gli altri uomini di questa parte, attoniti più che spenti, cedeano il campo, chi esule, chi acquattato in patria; e tutti covavan rancori. Ond'e' guardarono in Lamagna a Corradino, entrato già nell'adolescenza, e verace signore di Sicilia e di Puglia; i quali stati, com'or feano piegar le bilance pe' Guelfi, l'avrebber mandato giù, se renduti a casa sveva. Con loro s'intendeano gli usciti di que' reami, e i partigiani che s'eran sottomessi a Carlo; i quali non avean saputo difender Manfredi, ed or pensavano a rifar guerra. Rincoravali la mala contentezza di questi popoli, che sotto Carlo non sentiano scemare i tributi, crescer anzi la molestia de' ministri e degli officiali infiniti del re, ingordi, inquisitivi, superbi, più insopportabili come stranieri, e in Sicilia peggio, perchè ai non domi con le armi peggio puzza un insolente(15) dominio. Amaramente piangean Manfredi, da loro lasciato correre alla morte come quei che togliea parte di lor sostanze, per trovar ora chi tutte rapiale, e per ammenda le persone manomettea.
      Entro un anno dunque dal subito conquisto, risvegliansi, congiurano e Ghibellini, e usciti del regno, e baroni sottomessi a Carlo, e stranieri principi. Adunan moneta i Ghibellini; volenteroso entra Corradino nell'impresa; il duca d'Austria il segue, giovanetto e congiunto suo; seguonlo per amor di parte o d'acquisto molti baroni e uomini d'arme di Lamagna.


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La guerra del Vespro sicialiano
o Un periodo delle istorie sicialiane
di Michele Amari
1843 pagine 912

   





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