Nè mancò infine l'arte delle spugne di Tiberio. Da molti documenti ritraesi che gli officiali, convinti di mal tolto nel dare i lor conti, componeansi per danaro col re; il quale in tal guisa non solamente rifaceasi del frodato a lui, ma anco partecipava de' ladronecci su i popoli; e spesso fingea il mal tolto contro un ricco uficiale per aver, come pareagli, onesta cagione a pelarlo(65).
Possedea vasti demani re Carlo. E i cortigiani(66) anelanti a precorre il principe ne' suoi vizi, pieni di zelo con lui borbottavano: dilapidarsi da' coloni que' suoi poderi; niun frutto ritrarsene; essere i sudditi ricchi troppo; a questi addossasse il maneggio de' beni, con patti accorti: non era egli il signore di lor vita e sostanze? Società d'industria agraria delibera dunque il re: agli agricoltori vicini dà in soccio a forza, tenute, e armenti, e greggi, e scrofe, e polli, e gli sciami fin delle api. La quantità delle produzioni o de' parti che a lui si debba, stabilisce egli a sua posta: sia sterile poi l'anno o fecondo, mortifera o generativa la stagione, riscuote quel tanto, nè a mercè piegasi mai. Di questi non dubbi guadagni anzi invogliato sempre più, non è nei poderi suoi vil cosa cui non attenda; mette a entrata fine il letame delle greggi(67), manda gli armenti a satollarsi nelle altrui terre, entro i pascoli non pure, ma nei seminati più belli: e tristo chi si lagni di sofferto dannaggio(68)!
Volgeasi per le campagne il guardo, e da per tutto era bandita del re; non a sollazzo suo, a dispetto de' popoli.
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Tiberio Carlo
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